Fascite Plantare

fascite-plantare

La spina calcaneare viene spesso indicata dal paziente come la causa del dolore plantare o a livello del tallone.
In realtà no vi è una diretta correlazione tra fascite plantare e spina calcaneare, tanto che spesso, la spina calcaneare è un reperto casuale in pazienti completamente asintomatici.

Fascite plantare: cos’è e come si presenta?

La fascite plantare è un’infiammazione della fascia plantare. L’infiammazione è solitamente causata da una sollecitazione eccessiva della fascia plantare.

Tipicamente il paziente lamenta dolore a livello della fascia o del tallone (tallonite). Il dolore è descritto come urente, continuo, decisamente limitante e fastidioso tanto da interferire con la normale deambulazione.

È proprio la localizzazione del dolore, principalmente a livello dell’inserzione della fascia plantare sul calcagno, il motivo per cui i pazienti spesso ritengono la “spina” calcaneare sia la diretta responsabile del problema. In realtà, la spina calcaneare verrà comunque sempre ritrovata nelle radiografie anche in caso di guarigione del paziente.

Il dolore però non è localizzato solo a livello del calcagno ovvero dell’inserzione della fascia, ma anche lungo tutto il decorso della fascia plantare stessa. A volte ha un andamento continuo altre volte abbiamo dei punti specifici di maggior dolore, in ogni caso la imitazione può essere importante.

Fascite plantare e tendine d’Achille

tendine-piede-mano-min

Per riuscire ha capire la causa di questa infiammazione, bisogna sicuramente partire da un semplice concetto anatomico, per cui la fascia plantare non deve essere vista come una struttura a se, separata da tutto il resto, ma intimamente connessa con il tricipite surale (ovvero la muscolatura del polpaccio) e al tendine d’Achille.

Possiamo immaginare, per semplificare questo concetto fondamentale, che il tendine d’Achille e quindi le strutture muscolari posteriori del polpaccio, proseguano nella fascia plantare e trovino la loro inserzione ultima a livello del calcagno.

Ecco che quindi viene più semplice capire perché una contrazione importante del polpaccio possa portare ad una contrazione della fascia plantare e, conseguentemente, ad uno stress su di essa che si manifesta come dolore.

La fascite plantare: sintomatologia e diagnosi

La fascite è una patologia che non di rado insorge nei cambi di stagione. Questo e legato al cambio spesso radicale delle calzature. Il tipico esempio è quello del passaggio dall’inverso alla primavera, ma ancor di più dalla primavera all’estate, probabilmente , Quest’ultimo caso, legato all’utilizzo prolungato di scarpe basse (come l’infradito).

Sintomatologia

La fascite in quanto appunto patologia legata all’infiammazione della fascia plantare insorge spesso in modo acuto, ma tende frequentemente a diventare una patologia cronica.
La cronicizzazione è legata al fatto che in un primo tempo viene sottovalutata, o ancora viene tollerato il dolore che diventa però costante e talvolta presente anche a riposo.

Diagnosi

La diagnosi è squisitamente clinica. È raro che vengano richiesti esami diagnostici e spesso la radiografia non è indicata, ma portata già in visione dal paziente alla prima visita. Da questa come spiegato può venir evidenziata la spina calcaneare che tanto spaventa i pazienti, ma che, mi ripeto, non deve essere vista come la causa del dolore o della patologia.

La terapia conservativa

stretching-dei-piedi-da-seduta-min

La terapia iniziale è sicuramente quella conservativa. Poche patologie rispondono bene alle terapie conservative come la fascite plantare.

È necessario però che il paziente capisca questo concetto e non abbia la sensazione di perdere tempo.

Il primo passo è indubbiamente lo stretching del tricipite surale ovvero del polpaccio e dei flessori. Proprio per quanto spiegato poco sopra, la fascia plantare è una struttura da vedere il relazione alla muscolatura posteriore del polpaccio e quindi anche al tendine d’Achille.

La sua infiammazione è spesso legata ad un sovraccarico e quindi ad un aumento delle sollecitazioni che la portano ad irrigidirsi in difesa, e a contrarsi. La contrazione però non è mai della sola fascia plantare, ma di tutti i muscoli del polpaccio. Ecco perché lo stretching di tutta la muscolatura posteriore della gamba è fondamentale.

Questo deve essere eseguito con costanza e dedizione. È allungando la muscolatura della gamba che riusciamo a dare un beneficio anche alla fascia plantare che ne è la diretta prosecuzione.

Questo tipo di terapia non deve essere vista come supplementare a qualcosa di più veloce o facoltativa: questa è in realtà la reale cura per la fascite plantare.

Vi sono casi, non rari, in cui però a causa della poca costanza del paziente o per una importante cronicizzazione dell’infiammazione, bisogna ricorrere all’utilizzo delle terapie fisiche.

Indubbiamente una delle terapie fisiche più valide e da me preferita è la tecarterapia. Questa ha una funzione di miorilassamento, proprio come lo stretching e di stimolino del microcircolo. Inoltre non essendo una terapia dolorosa, non porta la muscolatura a contrarsi in risposta al dolore evitando un circolo vizioso dal quale e’ difficile uscire.

Anche le onde d’urto possono essere un’opzione terapeutica ma sempre per la funzione di stimolazione del microcircolo e non, come spesso pensa il paziente, per la loro capacita’ di “scioglire” la spina calcaneare, che come già spiegato non ha colpe!

La medicina rigenerativa

La terapia conservativa data da stretching e terapie fisiche, è la soluzione in oltre l’80% dei pazienti costanti e motivati nel ripetere gli esercizi.

Solo nei casi di insuccesso delle terapie conservative, la Medicina Rigenerativa rappresenta un’utile strategia a cui ricorrere.
Questa consiste nell’infiltrazione di fattori di crescita, come nel caso del PRP, o di cellule con un potenziale rigenerativo, come nel caso del Lipogems o delle infiltrazioni dei monociti.

Si tratta di terapie poco invasive e con un importante potenziale rigenerativo e anti-infiammatorio da relazionare all’età del paziente.

La chirurgia

camila-maccario-intervento-chirurgico-min

La terapia chirurgica rappresenta sicuramente un’indicazione, ma solo come ultima risorsa a cui guardare con moderazione e prudenza.

Oggi esistono soluzioni completamente mini-invasive e sicure, ma date le grandi potenzialità del trattamento conservativo è davvero indicata solo in casi estremamente selezionati.