Gonartrosi e
Protesi di Ginocchio

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Oggettivamente si è detto e scritto tantissimo su questo tema.

La gonartrosi e la protesi di ginocchio rappresentano un argomento cardine dell’Ortopedia.

Tra le protesi dell’arto inferiore infatti, anca e ginocchio hanno indubbiamente una storia simile: un successo dall’inizio o quasi!

Tuttavia, anche per una storia di successi come quella dell’artrosi di ginocchio, esistono passi indietro e in avanti, grandi passi in avanti.

Il chirurgo ortopedico giovane, con una formazione internazionale, ha un ruolo ed un dovere ben preciso: non accontentarsi della tradizione, ma promuovere idee nuove, “fare ricerca” ed arrivare ad un’offerta per il paziente sempre migliore.

Oggi, grazie alla ricerca in Ortobiologia, la protesi non è l’unica alternativa per l’artrosi di ginocchio. Esiste la Medicina Rigenerativa, con un ruolo e dei limiti chiari.

Oggi la protesi di ginocchio non è la stessa di 20 anni, ma anche solo di 10 anni fa.

Tutto ruota intorno alla comprensione della biomeccanica dell’articolazione: la comprensione del ruolo dei legamenti crociati (meccanico e propriocettivo) ha recentemente influenzato le caratteristiche delle protesi moderne.

Oggi è possibile regalare ai pazienti protesi che vengono percepite sempre più come ginocchia vere e proprie, riducendo al paziente la sensazione di avere delle “ginocchia bioniche”.

L’intervento stesso di protesi di ginocchio è cambiato: sempre meno una malattia e sempre più un percorso naturale per recuperare al meglio la funzione di un tempo.

Questo grazie al Fast-Track, un percorso che ha portato ad ottenere il meglio dall’anestesia e dal percorso riabilitativo, che diventano un “tutt’uno” fluido per un percorso più semplice e veloce, il rapid recovery.

L’evoluzione non un punto di arrivo. Apre nuovi quesiti.

Cosa succede alle articolazioni vicine al ginocchio (anca, caviglia e sottoastragalica) dopo una protesi di ginocchio ben posizionata?

Questo è l’argomento principe a cui il nostro team si dedica e offre risposte sempre più in linea con le esigenza funzionali elevate dei pazienti di oggi, considerando per esempio interventi poliarticolari one-step (anca-ginocchio, ginocchia bilaterali, ginocchia-caviglia).

L’obiettivo è offrire un intero arto inferiore ben allineato e funzionante dopo un unico intervento.

Ecco: un ortopedico giovane, dedicato alla chirurgia e alla ricerca, ha voce in capitolo, anche su un tema tradizionalmente storico, come l’artrosi di ginocchio.

Vorrei quindi presentarvi il ginocchio visto dalla mia prospettiva: un’articolazione affascinante, che è ancor più affascinante curare.

Dolore al ginocchio: la diagnosi di gonartrosi

Sono proprio il dolore e la forte limitazione funzionale i principali sintomi che portano da me in studio il paziente.

A questo si aggiungono:

  • deformità;
  • gonfiore;
  • zoppia;
  • rigidità;

fino alla completa perdita della funzione.

 

Il dolore è principalmente legato al consumo cartilagineo e quindi all’attrito che si genera tra le superfici articolari di femore e tibia.

Il gonfiore, invece, spesso contribuisce a limitare la capacità di movimento (flesso-estensione) del ginocchio ed è un’altra espressione della sofferenza dell’articolazione.

Rimuovere il liquido intra-articolare è, quindi, un processo con un’utilità davvero limitata, in quanto, se non viene risolta la causa del problema (l’artrosi di ginocchio), inevitabilmente si riformerà.

La rigidità può spesso peggiorare parallelamente alla deformità, soprattutto nella fase conclusiva del processo artrosico.

La deformità più tipica è quella in varo, ma, soprattutto per le donne, non è infrequente la deformità opposta, quella in valgismo (per intenderci le classiche ginocchia ad x!).

In generale, le deformità tutte contribuiscono a rendere più difficoltosa la deambulazione e l’equilibrio.

È bene non limitarsi, però, a studiare la deformità del ginocchio, ma considerare l’arto inferiore nella sua globalità.

Infatti, per esempio, un ginocchio valgo può essere causa o conseguenza di una deformità in pronazione del retropiede.

Allo stesso modo, un ginocchio varo ed una caviglia vara e instabile possono avere un effetto sinergico negativo.

Valutare l’arto inferiore in toto, individuare l’apice (CORA, secondo il maestro universalmente riconosciuto del trattamento delle deformità: Dror Paley) della deformità e comprendere gli eventuali compensi sono la chiave di un trattamento moderno di successo.

Non vogliamo una protesi di ginocchio ben funzionante in un arto inferiore patologico.

Il nostro obiettivo è permettere al paziente di camminare su un arto inferiore pienamente funzionale nella sua globalità.

L’insorgenza della sintomatologia può essere davvero varia.

Tipicamente i pazienti descrivono un lento, ma costante peggioramento di funzione e autonomia.

Altre volte, invece, il dolore ha un esordio acuto e importante, legato ad una lesione meniscale cronica che può diventare anche estremamente sintomatica e indurre tumefazione (gonfiore).

In questi casi, pianificare una meniscectomia non solo è inutile, ma anche controindicato.

La rigidità transitoria è un altro segnale di gonartrosi iniziale, non un’indicazione alla chirurgia.

Chiariamolo meglio.

Il paziente si lamenterà di maggiore sintomatologia al mattino o dopo un periodo di inattività o, ancora, solo durante attività fisiche specifiche (dolore a salire o a scendere le scale, per esempio).

Questa condizione dolorosa, inizialmente, viene validamente contrastata dalla semplice attività fisica.

Sono i pazienti a cui non consiglio chirurgia, ma con cui, generalmente, mi soffermo a valutare la loro attività quotidiana per concordare uno schema comportamentale ed un programma di attività fisica.

L’obiettivo è preservare il movimento (non necessariamente guadagnarlo) e favorire il recupero e il mantenimento di un tono muscolare fisiologico, associando potenziamento muscolare della muscolatura estensoria (i muscoli anteriori della coscia) e stretching della muscolatura posteriore.

È bene ricordare al paziente che la fisioterapia e le terapie fisiche in generale (Tecarterapia, Laserterapia, per esempio) possono essere un aiuto, ma la via per la soddisfazione passa sempre attraverso la determinazione e la voglia di muoversi.

Prima che l’artrosi diventi conclamata, la Medicina Rigenerativa, tramite infiltrazioni di PRP o cellule prelevate dal tessuto adiposo (Lipogems o Lipocell) sono soluzioni efficaci che permettono di rallentare realmente l’evoluzione del danno artrosico.

Con il peggioramento della degenerazione cartilaginea e della deformità, invece, il dolore può diventare continuo e opprimente, anche a riposo.

La localizzazione in questi casi è difficile.

Spesso il paziente tende ad indicare il ginocchio in toto, ma riferisce anche una maggior fatica nel muoversi in generale, legata all’ipotono muscolare del quadricipite, ovvero alla mancanza di forza dei muscoli anteriori della coscia.

In questi casi, la soluzione chirurgica è un’opzione che propongo frequentemente.

Infatti, penso che il dialogo con il paziente sia utile per individuare il momento ideale in cui progettare una protesi di ginocchio (mono o totale).

Indubbiamente, non è mai consigliabile un atteggiamento aggressivo in chirurgia: non ci si opera al primo dolore.

La chirurgia non è prevenzione!

D’altro canto, non è corretto posticipare un intervento protesico fino a “quando non se ne può più”.

Infatti, inattività induce ipotono musoclare e scarsa qualità ossea.

Oggi, non è razionale aspettare questo momento per programmare chirurgia.

Quindi, come sempre, la soluzione è equilibrio nella scelta.

Visita specialistica per gonartrosi

Ascoltare è fondamentale!

Spiegare e condividere con il paziente le scelte terapeutiche è la chiave.

La descrizione delle vostre giornate, le vostre difficoltà e limitazioni, la vostra motivazione sono parte integrante del mio processo di decisione.

Comprendo che, ad una prima lettura, possa sembrare retorica.

In realtà, girando e lavorando nel mondo (prima in Italia, poi negli Stati Uniti e poi ancora in Italia) ho partecipato a diversi progetti di ricerca e acquisito sempre nuove conoscenze e tecniche chirurgiche.

Tuttavia, l’aspetto di cui sono più orgogliosa del mio percorso formativo, è il privilegio di aver visto visitare e di aver visitato, in qualità di fellow, al fianco di professionisti e maestri della chirurgia protesica.

Penso che ognuno abbia il proprio stile, dettato dal carattere e dalle esperienze di vita e lavorative, le positive e le negative, ognuna con un impatto differente.

Ho notato però che il massimo comune divisore di ogni professionista di grande successo è la capacità prima di ascolto e poi di condivisione, in termini semplici e comprensibili, della propria conoscenza con il paziente.

È l’insegnamento chiave che mi guida giorno dopo giorno nella mia quotidianità, affinché il paziente percepisca di essere al centro del percorso di cura.

Ovviamente, la medicina è scienza.

È quindi consigliabile arrivare alla visita preparati. L’imaging appropriato è un elemento importante.

Chiedo ai pazienti di arrivare avendo già a disposizione:

  • RX ginocchia in carico bilaterale;
  • assiale di rotula a 45°.

Questa è l’indagine di imaging di primo livello imprescindibile, a cui talvolta è necessario aggiungere RMN ginocchio (per lo studio dei legamenti crociati e della cartilagine) e TAC del ginocchio.

La valutazione clinica

La clinica non può certo prescindere dalla valutazione del paziente mentre cammina.

In questo modo sarò più precisa nel definire il grado di deformità dell’articolazione, la zoppia, quando presente, ma anche l’ipotono della muscolatura.

Facendovi sdraiare invece valuterò la localizzazione del dolore, il grado di movimento (Range of Motion), l’instabilità, la presenza di tumefazione.

Imaging, cosa vi serve?

Per completare la diagnosi e decidere quale sia la terapia più indicata l’ultimo, ma fondamentale tassello, è quello degli esami di imaging.

La radiografia è indubbiamente l’esame più importante.

Le lastre devono essere eseguite in carico possibilmente bilaterali per permettere un confronto.

Importanti sono le classiche proiezioni RX ginocchio in anteroposteriore e laterolaterale, ma altrettanto utili sono alcune specifiche proiezioni come l’assiale di rotula a 45 gradi che mi permette una mirata valutazione delle condizioni della rotula, e la proiezione di Rosemberg che mi permette di valutare attentamente il grado di consumo cartilagineo dei condili femorali.

Un altra proiezione utile da avere a disposizione soprattutto nei casi di deformità assiali iporatanti o che coinvolgono più articolazioni nello stesso arto (ginocchio e caviglia o ancora anca e ginocchio) è la Tele-rx degli arti inferiori eseguita in carico: è come un visione generale dell’arto inferiore, che permette di dare un senso ad ogni deformità.

La Risonanza Magnetica può rendersi necessaria in casi limitati. Può essere utile nel caso in cui si voglia indagare lo stato dei tessuti molli in particolare della componente legamentosa.

Diventa un esame pressoché obbligatorio, per esempio, nel caso di una indicazione a protesi monocompartimenatle di ginocchio per valutare la presenza e continuità del Legamento Crociato Anteriore (LCA).

Un ulteriore applicazione della Risonanza Magnetica è nella Medicina Rigenerativa, per studiare eventuali danni cartilaginei e sovraccarichi ossei (edema della spongiosa dei condili femorali e del piatto tibiale).

Anche la TAC è un esame molto specifico, raramente richiesto, atto ad indagare dubbi legati a situazioni post-traumatiche o alla mancanza di bone-stock (quantità di osso necessario per poter eseguire un intervento di protesi di ginocchio).

Terapie conservative gonartrosi: attività fisica, terapie fisiche, infiltrazioni.

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Le terapie conservative nel trattamento della gonartrosi possono rappresentare una valida opzione, ma la scelta deve passare attraverso un’attenta considerazione del grado di degenerazione della cartilagine articolare e di quanto e dove l’artrosi del ginocchio sia avanzata.

Ovviamente deformità, evolutività del quadro ed età del paziente sono parametri altrettanto rilevanti.

Ancora una volta è bene ribadirlo, la scelta terapeutica è una conseguenza della diagnosi.

Non è corretto interpretare la scelta conservativa come un irrazionale tentativo, speso semplicemente per “evitare l’intervento”.

Questo demotiva il paziente, che, invece, deve toccare con mano il significato razionale di una scelta terapeutica, anche conservativa.

Nelle condizioni di limitata e parziale degenerazione articolare ricorro a terapie infiltrative.

Le più “gettonate”, almeno inizialmente sono le infiltrazioni di acido ialuronico.

Il planning prevede l’infiltrazione a settimana per almeno 3 settimane consecutive. Il ruolo dell’acido ialuronico non è semplicemente quello di lubrificare la superficie articolare.

Si parla nello specifico di un’azione shock absorber nei confronti delle sollecitazioni meccaniche articolari, detta viscosupplementazione e di un’attività di tipo più strettamente biologica sulle strutture articolari, detta di viscoinduzione.

Le infiltrazioni sono il primo presidio terapeutico a cui spesso l’ortopedico ricorre. Personalmente, non le considero come una soluzione a sé stante.

Ho imparato nella mia vita lavorativa che il lavoro in équipe fa la differenza, in termini di specificità delle cure offerte al paziente ed in termini di continuità delle cure proposte, per aiutare il paziente a sentirsi parte di un progetto a lungo termine.

Con questo razionale, ritengo che l’esercizio fisico sia da considerarsi alla stregua di un medicinale, che merita prescrizione qualitative e quantitative specifiche.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità e la letteratura recente supportano questo concetto, vero per l’organismo in generale, ma, ovviamente, nello specifico, anche per il ginocchio.

L’esercizio fisico deve prevedere specificità.

Servono infatti professionalità dedicate per coordinare:

  • attività per mantenere l’articolarità, cioè il movimento (per esempio, cyclette, o idrobike);
  • attività in “carico facilitate” per mantenere lo schema motorio e una buona qualità ossea (idrokinesiterapia e tapis-roulan in assenza di gravità);
  • tono-trofismo della muscolatura estensoria (muscolatura anteriore della coscia);
  • stretching della catena muscolare posteriore (coscia e gamba, includendo tricipite e fascia plantare); 
  • rieducazione propriocettiva, che oggi può passare anche attraverso attività fisiche-ludiche, quali Pilates e Yoga.

In sinergia all’esercizio fisico, il ruolo delle terapie fisiche è indubbiamente molto importante.

Nella mia attività e nei miei vari studi (Milano, Roma, Savona, Ventimiglia) sono accompagnata da fisioterapisti con cui condivido il concetto di team.

Abbiamo sviluppato insieme dei protocolli di TecarTerapia e Laserterapia, disegnati specificatamente per ginocchia artrosiche, volti ad amplificare i risultati ottenibili con attività fisica, infiltrazione e Medicina Rigenerativa, utilizzate isolatamente.

La sinergia è la nuova via per il trattamento conservativo del ginocchio.

PRP e cellule multipotenti del tessuto adiposo: la medicina rigenerativa per il ginocchio.

È entusiasmante pensare che all’interno del nostro corpo ci siano cellule in grado di promuovere rigenerazione all’interno del nostro stesso organismo.

Sinceramente quando penso al potenziale della Medicina Rigenerativa, mi viene in mente una parola: rivoluzione.

Poche scoperte in medicina possono beneficiare di una simile definizione.

Ad esempio, me ne vengono in mente due: gli antibiotici ed i vaccini, a prescindere da qualsiasi valutazione di carattere politico in merito.

Ovviamente, si tratta di ambiti differenti con un impatto diverso, ma sono convinta che la Medicina Rigenerativa sia oggi ancora ai suoi albori.

Le sue applicazioni più fruttuose sono ancora in divenire.

D’altra parte i facili entusiasmi, portano spesso illusioni e false promesse. È successo anche per la Medicina Rigenerativa ed, in particolare, per il PRP (gel piastrinico, pappa piastrinica).

Oggi è chiaro che non è un “toccasana” per ogni male.

Le limitazioni più immediate per il successo della Medicina Rigenerativa sono: età biologica del paziente, concomitanti deformità del ginocchio, ma più in generale, delle articolazioni trattate e livello di degenerazione articolare.

Le terapie rigenerative biologiche hanno una provata maggiore efficacia nei soggetti giovani, in cui il potenziale rigenerativo autonomo risulti ancora attivo.

Probabilmente, un’età limite per la reale rigenerazione è tra i 60-65 anni.

La Medicina Rigenerativa ha, però, anche un fortissimo potenziale anti-infiammatorio.

Questo è meno condizionato da limiti d’età e motiva l’utilizzo di PRP e derivati anche per curare ginocchia artrosiche di pazienti oltre i 60-65 anni, fino ad arrivare persino ai pazienti anziani: è razionale e giustificato.

Sono, però, gli obiettivi che cambiano e devono essere spiegati. Non esiste, quindi, un’unica via per la rigenerazione: è importante “non fare di ogni erba un fascio“.

Ricorrere a Medicina Rigenerativa significa individuare la terapia corretta solo dopo una analisi paziente specifica.

Un prima e doverosa distinzione pratica è tra PRP e terapia cellulare.

Il PRP si ottiene con un semplice prelievo di sangue. Tramite un processo di centrifugazione del sangue prelevato eseguito con filtri specifici, si ottiene “il gel o pappa piastrinico”, ossia il liquido pronto ad essere infiltrato, ricco di fattori pro o anti-infiammatori (ogni filtro permette di ottenere PRP con caratteristiche diverse), ma non di cellule con una propria funzione rigenerativa.

Questa facoltà è, invece, caratteristica delle procedure, che si avvalgono di cellule multi-potenti, prelevate dal midollo osseo e, più frequentemente nella mia pratica clinica, dal tessuto adiposo (grasso).

Oggi esistono ulteriori nuovi opzioni per isolare dal sangue cellule multipotenti (i monociti), con funzioni simili a quelle prelevate dal grasso.

Protesi di ginocchio totali e mono-compartimentali 

La protesi totale di ginocchio è uno degli interventi più di successo nell’ambito dell’ortopedia, secondo solo nei risultati alla protesi d’anca.

Si tratta di un successo quasi fin dai primi passi.

Indubbiamente, è una notizia che dà tranquillità ad un paziente, che oggi programmi una protesi di ginocchio.

Non è sufficiente, però, a trasmettere la grande evoluzione che la ricerca scientifica ha reso possibile nel tempo, soprattutto recentemente.

L’evoluzione più recente passa attraverso lo studio e la comprensione del ruolo dei legamenti crociati nella fisiologia e nella patologia del ginocchio.

I crociati, innanzitutto, sono due: anteriore e posteriore. Essi stabilizzano il ginocchio, attraverso una funzione biomeccanica ed una propriocettiva.

I legamenti sono, pertanto, paragonabili a sensori biologici, che inducano risposte di adattamento ogni qualvolta vengono sollecitate.

I legamenti crociati non sono “tiranti passivi”, ma svolgono un ruolo attivo: l’organismo, tramite essi, regola la funzione del ginocchio.

Prima che questo fosse chiaro, l’obiettivo storico di una protesi era quello di sostituire un’articolazione sana, ripristinandone le normali funzioni di base.

Oggi ad una protesi possiamo chiedere di più.

Una moderna protesi di ginocchio ha la finalità di riavvicinare il paziente non solo alla funzione, ma anche alla percezione di un ginocchio sano, riducendo la sua sensazione di essere portatori di una protesi di ginocchio.

Questo punto di arrivo, un tempo inimmaginabile, passa proprio attraverso la comprensione del ruolo propriocettivo dei legamenti crociati.

Assodato che in una protesi totale di ginocchio, non è possibile risparmiare il legamento crociato anteriore, è interessante soffermarsi sul diverso atteggiamento terapeutico nel tempo nei confronti del legamento crociato posteriore.

In passato, si cercava principalmente la stabilità in una protesi. Le scelte, quindi, ricadevano più frequentemente su protesi di ginocchio vincolate, ossia stabilizzate posteriormente (Protesi totali di ginocchio PS).

Si tratta di soluzioni per cui il sacrificio di entrambe i legamenti crociati è regola.

I risultati a lungo termine sono, comunque, ottimi, ma talvolta le sensazioni del paziente non si sposavano con l’ottima funzione.

La chiave moderna è il risparmio del crociato posteriore. Si tratta di concetti non di certo rivoluzionari: anche in passato esistevano protesi a risparmio del legamento crociato posteriore (Protesi totali di ginocchio CR).

Il grande cambiamento è nel modo di pensare al ginocchio e alla protesi.

Il miglioramento del design e dei materiali, uniti ad una più profonda consapevolezza del ruolo del legamento crociato posteriore ha aperto una nuova stagione per le protesi di ginocchio CR.

Il risultato è un ginocchio “naturalmente” bilanciato con ottima funzione, associato a sensazioni migliori per il paziente.

Esistono, poi dei casi, in cui l’artrosi colpisca solo una “camera del ginocchio”: quella interna (più frequentemente, spesso nel caso di ginocchia vare) o quella esterna (nel caso di ginocchia valghe).

Sono casi in cui, in linea generale, è bene intervenire per evitare che ad essere coinvolto nel processo artrosico sia il ginocchio per intero.

Ovviamente le prime opzioni a cui pensare sono biologiche rigenerative. Quando, però, non c’è finestra terapeutica per la Medicina Rigenerativa, le “mini-protesi” (ossia le protesi mono-compartimentali) rappresentano una soluzione affidabile.

Le protesi mono-compartimentali, ancora una volta, hanno un legame indissolubile con i legamenti crociati.

Se, infatti, una protesi totale di ginocchio può coesistere con il sacrificio di entrambe i legamenti crociati (Protesi totale di ginocchio PS) o può preservare il legamento crociato posteriore, sacrificando l’anteriore (Protesi totale di ginocchio CR), le protesi mono-compartimentali hanno tassativamente bisogno di entrambe i legamenti integri: crociato anteriore e posteriore.

Pertanto, la pianificazione di una protesi mono-compartimentale deve seguire un’attenta valutazione clinica e di imaging, in cui le Rx ginocchia in carico ci diano informazioni sulla deformità e la risonanza magnetica (unita alla valutazione clinica sulla stabilità) ci attesti la presenza di entrambe i legamenti crociati in buona salute.

Esistono protesi mono-compartimentali laterali o mediali.

Le protesi monocompartimentali laterali sono utilizzate più raramente e l’indicazione è strettamente limitata a casi specifici.

Al contrario, le protesi monocompartimentali mediali sono una realtà assolutamente affermata.

Sono protesi in cui l’invasività del gesto chirurgico è ridotta al minimo e il recupero per il paziente è molto veloce.

Un ulteriore vantaggio è la possibilità di convertirle in protesi totali di ginocchio, qualora ce ne sia, negli anni, la necessità.

Il dolore rotuleo: la protesi femoro-rotulea e la protesi di rotula.

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Il ginocchio non è solo femore e tibia.

La rotula è certamente uno dei protagonisti della funzione del ginocchio, nel bene (fisiologia) e nel male (patologia).

Ha la funzione di favorire una virtuosa ripartizione dei carichi a livello dell’apparato estensore, comportandosi come un bilancino sospeso tra tendine quadricipitale e tendine rotuleo.

La rotula dà vita ad un’articolazione con il femore: l’articolazione femoro-rotulea.

Come ogni articolazione, anche la femoro-rotulea può andare incontro ad usura e degenerazione. Si parla di artrosi femoro-rotulea.

È una patologia che si manifesta più frequentemente nelle donne e che provoca un dolore specifico, esacerbato salendo e scendendo le scale, inginocchiandosi o durante attività fisiche specifiche, come bicicletta e cyclette.

In questi casi, il primo approccio è multidisciplinare: attività fisica specifica, terapie fisiche e terapia infiltrative con acido ialuronico.

Quando questo iter non dà il risultato sperato, o in sostituzione all’uso dell’acido ialuronico, l’opzione successiva a cui ricorrere è la Medicina Rigenerativa (PRP o Lipogems, a seconda dei casi).

Purtroppo, non sempre esiste una finestra terapeutica per la Medicina Rigenerativa.

Nel caso di un’artrosi della femoro-rotulea avanzata, la protesi femoro-rotulea è un’opzione che offre buoni risultati in termini di controllo del dolore e ripristino della funzione.

Si tratta di un’opzione moderna e affidabile: una protesi che sostituisce l’articolazione femoro-rotulea artrosica, solo nel caso in cui il ginocchio nel suo complesso (comparto mediale e laterale) sia in buona salute.

Ne caso, in cui, invece, il paziente sia affetto da un’artrosi generalizzata del ginocchio, in cui sia coinvolta anche la rotula, allora, è la protesi di rotula ad essere la soluzione che si sposi con la protesi totale di ginocchio.

Nella mia formazione, è stato molto importante vedere filosofie diverse a confronto.

I chirurghi americani normalmente protesizzano la rotula quasi sempre in associazione ad una protesi totale, gli europei non sempre.

La pratica mi ha insegnato che l’equilibrio è l’interpretazione più affidabile.

Ritengo che di fronte ad una rotula artrosica, non sia possibile aspettarsi un miglioramento della sua funzione semplicemente protesizzando il resto del ginocchio.

Al contrario, penso che rotule sane debbano essere lasciate “libere” di lavorare e che abbiano la possibilità di farlo anche in presenza di una protesi totale di ginocchio.

È un’ulteriore dimostrazione che il planning pre-operatorio è fondamentale.

Fast-track: informazione del paziente, procedure anestesiologiche e gestione post-operatoria.

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Ogni processo di guarigione passa attraverso l’informazione.

Per questo, durante la visita prima e, in momenti specifici che, come équipe, prevediamo prima dell’intervento, il paziente viene informato dettagliatamente di ogni step che un intervento di protesi di ginocchio prevede: 

  • anestesia;
  • controllo del dolore post-operatorio;
  • successivo ruolo della fisioterapia precoce.

Sapere prima è fondamentale, per essere motivati nel percorso, in cui anche i familiari informati sono chiamati a svolgere un ruolo di “supporter”, motivatori durante l’iter di ritorno alla normalità in tempi brevi.

Il nostro paziente nell’immediato (il giorno stesso) dell’intervento viene sottoposto ad una sessione di fisioterapia, in cui si lavora su due obiettivi: carico immediato (camminare in carico da subito, il giorno stesso e nei giorni seguenti l’intervento) e il recupero del movimento immediato.

La riabilitazione non è una corsa contro il tempo per dimostrare l’efficienza del chirurgo, ma la tempestività di un protocollo riabilitativo dedicato e immediato permette di raggiungere risultati precoci e stabili nel tempo.

Ovviamente, ogni anello della catena è fondamentale e lavorare in un centro di riferimento permette ad ogni professionista di essere più consapevole del proprio compito specifico.

È un valore aggiunto per il risultato finale, quello che mi permette di rispondere alla domanda del paziente:

Dottoressa, quando tornerò ad appoggiare sul ginocchio operato? Il giorno stesso dell’intervento nella maggior parte dei casi.

I registri PROMS e il valore del centro di riferimento.

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In chirurgia protesica, i dati sono fondamentali.

Permettono un efficiente controllo di qualità del proprio lavoro.

Sono lo strumento necessario attraverso cui “fare Scienza” e, quindi, passi in avanti.

Negli ultimi anni l’Istituto Ortopedico IRCCS Galeazzi si è dimostrato pioniere in questo campo, sviluppando dei registri protesici di Istituto, volti a registrare parametri clinici (la prospettiva del Medico) e parametri di soddisfazione del paziente (la prospettiva del paziente senza filtri).

È uno strumento in cui siamo coinvolti come team e che ci offre la possibilità di seguire meglio il paziente nel tempo, per il suo bene e per il bene dei pazienti che, in futuro, avranno bisogno di una protesi di ginocchio e beneficeranno di questo processo di acquisizione di conoscenza continuo.